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L'Universo dentro: vicini all'ignoto

Di Paola De Paolis Foglietta

“I nostri corpi sono più spazio che materia. C'è una distanza abissale tra ogni atomo. Ogni particella. Cosa ci tiene uniti? perché non ci dissolviamo? Questo è il motivo per cui sono venuto qui. Per dare tutto. Per un momento di meraviglia pura." Vicini all’ignoto di Mark Rosemberg
La più bella riflessione del film. Non so cosa avesse in testa il regista Mark Elija Rosemberg quando l’ha girato, ma se era un’ ispirazione esaltante , bè non è riuscito a farcelo capire. Ci ho pensato molto e mi sono chiesta a più riprese qual è il vero problema di questo film e come mai non riesce a trasmettere la bellezza della sua ispirazione. Ma poi ci sono arrivata e ora vi spiego il perché.


La storia in sintesi ci mostra un ingegnere spaziale, il capitano William D.Stanafor che , in seguito al suo esperimento riuscito, trarre l’acqua dalla terra con un macchinario da lui costruito, riesce ad ottenere l’incarico della prima missione spaziale su Marte. Durante il viaggio qualcosa va storto. Il macchinario da lui inventato, in seguito a una manutenzione sbagliata, manda in corto circuito delle parti della navicella e quindi il protagonista si trova costretto a fare una scelta : tornare sulla Terra e rinunciare alla missione oppure proseguire il suo viaggio suicida verso il pianeta rosso.

Durante il viaggio il capitano Stanafor (ci sono due personaggi nel film) riflette sulla sua vita, sui suoi obbiettivi e sulle sue relazioni. Emerge indirettamente che la determinazione dei suoi obbiettivi, non ha permesso di coltivare adeguatamente le sue relazioni, con la moglie per esempio, o con altri amici. La concentrazione nei suoi esperimenti scientifici e il grande sogno di andare su Marte, contro il volere della torre di controllo e di tutto il mondo, l’ha gettato in una solitudine profonda, in un isolamento senza precedenti di cui deve portare il peso.

Chi ci conduce verso la missione profonda della nostra vita, che reclama integrità e fedeltà a sé stessa dentro di noi? Probabilmente quando è il nostro ego a condurci ci sentiamo soli e tesi; ma quando ci affidiamo, applicando solo la nostra determinazione a non mollare e siamo in armonia con quello che ci circonda, ecco che forse ci stiamo facendo trasportare dallo spirito. E non viviamo più quella irreale sensazione di alienazione e di apparente separazione dal resto dell’umanità.

Tuttavia Rosemberg non permette al film di fare questo salto. Il protagonista raggiunge il suo scopo, ma non coinvolge davvero lo spettatore, come d’altra parte non coinvolge nessuno nella sua vita. Tiene tutti fuori in una chiusura empatica che non lo rende un eroe simpatico. E poi gli eroi salvano vite umane, il capitano Tranafor, nemmeno la sua.

“non si sa sempre riconoscere che cosa è che ti rinchiude, che ti mura vivo, che sembra sotterrarti, eppure si sentono non so quali sbarre, quali muri. Tutto ciò è fantasia, immaginazione? Non credo, e poi uno si chiede: “mio Dio durerà molto, durerà sempre, durerà per l’eternità?” Tu sai ciò che fa sparire questa prigione? E’ un affetto profondo, serio. Essere amici, essere fratelli, amare spalanca la prigione per potere sovrano, per grazia potente.
                                                                                                                                                                                                                                               Vincent Van Gog, lettere a Theo