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Ciò che arriva dal destino non ci è mai estraneo

DI PAOLA DE PAOLIS FOGLIETTA

Mi regalano un libro. Me lo porta al lavoro la Luisa, una signora che indossa i suoi settanta trè anni in modo vivace e battagliero. Lo allunga sulla scrivania del mio ufficio come se fossimo in un film western prima di una sfida. Seria io prendo il libro dal tavolo , reggendo il suo sguardo e la ringrazio.

In realtà sono molto contenta perché quando è uscita nel 2011, l’autobiografia di Andre Agassi raccontata in “Open”, è stata accolta con molto entusiasmo sia dalla critica che dai lettori e mi aveva incuriosita. Non seguo il tennis, comunque parliamo del famoso Agassi che ha giocato a tennis come professionista dal 1986 al 2006 ed è stato a lungo il numero uno mondiale. Ha vinto otto tornei del Grande Slam e un Golden Slam, cioè i quattro tornei del Grande Slam più l’oro olimpico.
Ma cominciamo dall’inizio. Innanzitutto Agassi ci continua a dire che odia il tennis, che suo padre ha cominciato ad allenarlo duramente dai quattro anni ed è stata un’esperienza severa ed estenuante. Molto giovane ha frequentato una scuola lontano da casa dedicata al tennis professionista .Ha cominciato a giocare mostrando già il suo talento innato, ma senza impegnarsi davvero perché lui sentiva che non era la sua vita, odiava il tennis, non sopportava suo padre e il suo stile coercitivo. Non sopportava l’ambiente formale e compassato di Wimbledon e il mondo del tennis. Smise di frequentare la scuola superiore entrando in conflitto con presidi e insegnanti. Tollerava poco le regole, si presentava in campo con i capelli ossigenati, l’orecchino e magliette con colori improbabili che facevano inorridire gli inglesi. Era in perenne crisi esistenziale, aveva sin da piccolo investito tutto in questo sport a causa di suo padre e a 23 anni era l’unica cosa che sapeva fare, ma lui odiava quella unica cosa che sapeva fare.
Insomma un dialogo interiore continuo e irrequieto anima ogni pagina di questa autobiografia, facendo emergere un uomo senza pace, dilaniato dalla profonda contraddizione tra essere sé stesso, con la sua speciale unicità (“in direzione ostinata e contraria” alla massa) ed essere in armonia con gli altri per aiutarli e per esserne amato, approvato. Da una parte il bisogno di continuo cambiamento, dall’altro quello di stabilità . Da una parte l’eterna insoddisfazione dall’altra il sogno di pace.
Quando qualcuno decide di scrivere la propria autobiografia senza essere per forza troppo vecchio o sul letto di morte è per raccontare una cosa importante che ha capito , una lezione che ha imparato. Così Agassi non racconta i suoi successi per dire quanto sia stato bravo, ma per raccontare la vera vittoria che ha guadagnato dentro sé stesso ed è stata per lui la vittoria più importante che sui campi da tennis. Questa vittoria parla dell’accettazione di sé stesso e della propria vita. Parla della presa di coscienza si sé stesso e della presa in carico della responsabilità delle proprie scelte.
Di tale odio ha fatto la sua spina dorsale. Delle sue fragilità e insicurezze ha fatto il suo asse, il perno coriaceo della sua vita, laddove crollava è diventato roccia.
E quindi ha giocato fino ai 36 anni, fino allo stremo delle forze, oltre il limite d’età per un tennista professionista , con la schiena che rimaneva in piedi solo con iniezioni di cortisone, con legamenti e tendini al limite. Fino alla fine si è” battuto” nello sport che ha sfidato la sua vita e il suo destino e non è più scappato. Ha fondato una scuola con la moglie Stefanie Graf per i ragazzi che non hanno possibilità economiche , proprio lui che non ha fatto le superiori perché si era ribellato allo studio e alle regole della scuola.
Ha trasformato la sua ribellione in qualcosa di costruttivo con cui ha potuto aiutare gli altri. Ha trasformato il senso di fallimento interiore come uomo che sceglie la libertà di fare ciò che desidera, nella vittoria di un uomo che sceglie di fare ciò che il destino “lo obbliga”.
Ecco un esempio di soluzione di un conflitto.
Se qualcuno gli avesse dato queste soluzioni avrebbe fatto il contrario probabilmente , perché lui è così: anticonformista e ribelle e doveva arrivarci da solo.
Ma questo vale per tutti.