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La preghiera- autobiografia di una Sub

PAOLA DE PAOLIS FOGLIETTA

Ho sempre avuto un innato interesse per la preghiera e la meditazione, sin dall’infanzia, persino in tempi non sospetti , cioè molto prima che i miei genitori diventassero integralisti cristiani. Ma già da piccola ho sempre voluto fare a modo mio, quindi non amavo molto pregare con le preghiere canoniche che mi forniva la mia religione. Magari cambiavo le parole o ne cercavo altre che fossero più in sintonia con me. Poco prima dei 20 anni lessi i racconti del pellegrino russo e rimasi impressionata. E’ la storia di un monaco che, folgorato da un passo delle lettere di San Paolo in cui esorta a pregare incessantemente, decide di pregare incessantemente, ripetendo la preghiera del cuore, che è alla base delle invocazioni del cristianesimo ortodosso.

Il fervore religioso e l’aspetto naif di questo monaco del monte Athos, ramingo per il mondo, aveva colpito profondamente la mia immaginazione, tanto che anch’io volevo vivere pregando incessantemente. La preghiera consiste in un mantra che dice : “Signore Gesù Cristo, figlio di Davide abbia pietà di me, che sono peccatore.”
Dirmi così tante volte al giorno che ero peccatrice non mi sembrava tanto giusto o sano. Con il senno di poi, mi resi conto che non ero così peccatrice allora, come invece ho potuto dimostrare con grande dispendio di energie in seguito, giustificando finalmente quella preghiera. Insomma si cadeva in meccanismi perversi.
Allo stesso modo, le preghiere standard con molte invocazioni mi sembravano un po’ forzate; voglio dire, io non volevo disturbare Dio con tutte quelle richieste sul pane, le tentazioni e i debiti ( che in realtà per pane si intende l’”insegnamento spirituale”, per “debiti” il “karma”, per tentazioni si riferisce al “seguire gli automatismi senza avere coscienza”). Grande saggezza del testo, niente da dire (e sappiamo bene chi scriveva i testi a Gesù), tuttavia volevo dirlo a modo mio.
Nonostante tutto ho pregato con rosari, tanti rosari, poi preghiera del cuore del pellegrino russo, poi ho proseguito con le lodi, che sono una piccola liturgia domestica che prevede – tutto programmato secondo i salteri in base la periodo dell’anno- tre salmi, una lettura della bibbia, le preghiere generali (tipo per i governanti, pace nel mondo e per l’umanità in genere, possibilmente di più per questi irriducibili peccatori) e poi 15 min. di preghiera silenziosa.
Tutto questo fino ai 25 anni. Poi ho smesso.
Voi potete capire che se una persona ha delle annose abitudini, quando le cambia o le interrompe, succede uno squilibrio. Come una tigre feroce vissuta in cattività che viene lasciata da adulta nella giungla, sarà pure feroce, ma non è più abituata a difendersi, deve ricalibrarsi, forse sta male. Era abituata che le portavano il cibo prima, nello zoo, invece dopo, nelle giungla, deve guadagnarlo da sola e deve pure uccidere e sporcarsi se vuole vivere.
Così la preghiera era cibo gratis e pronto per la mia psiche, era come se io non dovessi fare nessuno sforzo per stare bene, poteva succedere qualsiasi cosa - e sono successe molte cose, ma io ero sempre al di sopra, sicura che tutto sarebbe andato bene. Probabilmente ho smesso di pregare perché stavo molto bene e avevo smesso di essere grata.
Per sei anni così. Sono diventata un’altra cosa. “Per fortuna”, qualcuno direbbe, perché le “santarelline” istigano al materialismo feroce, per reazione. Nel 2006 ero così annichilita dal peso dei doveri, dei problemi, dello schifo che hanno le persone dentro e, a questo punto, dello schifo che avevo dentro io, che ho cercato di collegarmi ancora al mio sé profondo (visto che gli avevo dato sei anni sabbatici) e mi sono messa a leggere qualcosa di diverso.
Riprendere i Padri della Chiesa mi sembrava di tornare indietro, o meglio non mi sembrava di andare avanti. Ero insofferente agli insegnamenti cattolici, perché pensavo che non mi permettevano di andare in alto e di fare riflessioni personali. Sentivo che il mio pensiero e il mio modo di credere era imbrigliato in dettami decisi da altri uomini, per quanto illuminati, che imponevano di credere in cose inspiegabili nel tentativo di proiettare il fedele al di fuori di sé e cercare Dio al di fuori di sé, anche quando dicevano il contrario.
Quindi ho cominciato a leggere, non senza sospetto, Osho, poi Gurdgjieff, per cui ho promesso a me stessa di conoscere tutto l’esoterismo, poi Jodorovskij, San Giovanni delle Croce, Ermete di Trimegisto, Omram Aivanov, Deepak Chopra, Rudolf Steiner, Sri Nisagardatta Maharaj, Krisnamurti e addirittura ho seguito un lungo corso dei seguaci di Aun Weor di una setta gnostica. Ho meditato in tutti i modi: seduta, in piedi, in ginocchio, ballando, respirando, recitando tutti i mantra esistenti, bagni di gong, rebirthing… ero una tossica della preghiera. Ho evitato esperienze estreme come l’uso dell’ayahuasca e non sono andata in Amazzonia in tribù di sciamane Shipido, ma se non avessi avuto famiglia ci sarei andata. Però ho frequentato i dieci giorni di meditazione Vipassana, nel silenzio totale senza rivolgere nemmeno uno sguardo alle persone, sprofondando in 10/11 ore di meditazione quotidiana, senza poter scrivere, leggere, né ascoltare musica (non si cenava nemmeno).
Per un certo periodo della mia vita utilizzavo tutti i momenti vuoti per meditare. Una volta dal dentista ho aspettato più di mezzora in sala d’aspetto e quando poi ero dentro, sulla poltrona, il dentista stesso si è complimentato per la mia pazienza nell’attesa, perché mi aveva guardato dalla telecamera che ero seduta tranquilla e non mi agitavo come fanno di solito le persone quando attendono più del dovuto. Stavo meditando. Ma non lo dissi, perché mi imbarazzava.
Ci avete mai pensato quanto tempo buono abbiamo per meditare? Nelle code agli sportelli, alla fermata dell’autobus, nell’anticamera del capo, del dentista, del mago di Oz. Nella coda alle casse, ai concerti, in ospedale, in posta, nelle stazioni, negli aereo porti, ecc…
Ci sono invece periodi, come quello che sto passando ora, in cui faccio fatica a svegliarmi la mattina presto- tempo privilegiato della preghiera, visto che la mente è ancora addormentata- e utilizzo il trucchetto che ho sentito da un monaco buddista, di bere qualche bicchiere d’acqua prima di andare a letto. Questo ti costringe ad alzarti presto la mattina …
La verità è che tutta questa connessione non mi ha reso per forza una persona migliore, per quello bisogna lavorare sui propri condizionamenti, come insegna sapientemente il Centro Studi Bhaktivedanta, ma ha reso più sottile la mia percezione, mi ha reso più sveglia nei sogni, e soprattutto più a contatto con il mio inconscio. Forse solo questo ho cercato nella mia vita: ritornare dentro di me, nel deep-web del mio atman, trovare la mia profondità. Ho sempre saputo che lì in fondo avrei trovato il tesoro nel galeone sommerso...
Ma non è facile fare la sub, c’è ancora molta strada ...