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Un percorso di continua crescita

 

di Nicola Baroni

La scrittura della tesi relativa al percorso di formazione in Counseling mi sta dando l'opportunità di meglio pormi come osservatore rispetto a diverse esperienze e dinamiche vissute prima, durante e dopo il cammino condiviso all'interno della Scuola del Centro Studi Bhaktivedanta. Certamente il sentimento principale che mi sta accompagnando è quello della gratitudine: gratitudine per avere maturato con il tempo la convinzione di investire in un percorso di crescita strutturato, per avere avuto le risorse materiali e immateriali per frequentare attivamente i diversi momenti formativi e per aver conosciuto lungo il cammino docenti, compagne e compagni che mi hanno ispirato e sostenuto.

Ovviamente nutro profonda gratitudine per Marco Ferrini, sia come modello di coerenza rispetto ai valori universali sia per aver fatto nascere un 'contenitore' che ha reso disponibili e comprensibili concetti millenari, quali quelli appunto della filosofia indovedica in un continuo scambio tra Oriente ed Occidente.

Ho ripercorso in questi ultimi mesi le sovrastrutture presenti in me a fine 2016 quando, a ottobre/novembre scelsi di frequentare il mio primo seminario di prova ad Ozzano dell’Emilia: tra lavoro, famiglia, vita sociale, sport avevo ritmi frenetici e ricordo che fui attratto da un seminario sulla meditazione con la speranza che mi fornisse qualche strumento per gestire meglio le mie vritti, i miei moti mentali.
Diverse volte mi alzavo di notte per scrivere alcune cose da fare il giorno dopo oppure per abbozzare appunti per come poter fare meglio quello che avevo già in programma.

Tornando a quell'autunno del 2016, ricordo che dentro di me c'erano pensieri quali “iniziare un percorso di crescita spirituale.. ma cos'è? a cosa vado incontro? dove lo trovo il tempo?”
Erano pensieri legittimi che andavano accolti.
E lo feci, li accolsi: impiegai quasi un anno per maturare la scelta di iscrivermi alla formazione triennale (che iniziai formalmente a settembre 2017), anno durante il quale ebbi diversi confronti all'interno del servizio di sportello counseling di ascolto empatico della Scuola.
Durante questo anno di riflessione, ascoltai anche alcuni audio di Ferrini per meglio comprendere la base teoretica della scuola e non solo, anche pratica, che soprattutto emerge nelle sessioni di domande e risposte.

Occorreva effettivamente far crescere in me la motivazione e fare leva sulla forza di volontà.

Una delle motivazioni principali che mi ha convinto a intraprendere il percorso di formazione, è stata il comprendere fin dal primo seminario di prova, che la trasformazione di alcuni miei stati emotivi interiori dipendeva da me e solo da me.
Non c’erano più alibi: era arrivato il momento di assumermi fino in fondo le mie responsabilità, dopo ovviamente averle correttamente identificate.

Un'altra motivazione per me particolarmente importante furono le difficoltà che stavo incontrando con i miei figli: l’adolescenza ed il loro vissuto stava creando situazioni molto sfidanti e mi resi davvero conto che per essere più centrato mi servivano strumenti (alcuni tra i quali, nei tre anni, si sono poi rivelati essere l'accoglienza, l'ascolto, il giudizio empatico).

Proseguendo nell'osservazione citata in partenza, mi rendo conto che non è facile sintetizzare in poche righe il vissuto degli ultimi 4-5 anni che, se da un lato è trascorso come un soffio, dall'altro è stato molto intenso in termini di esperienze e realizzazioni.

Volendo offrire una estrema sintesi, certamente oggi posso dire che mi sento più credibile con me stesso.
E questo è un risultato che non ha prezzo.

Oggi l'immagine che ho di me è più robusta, credo più autentica, un pò più vicina al vero e quindi sento che è più solida la piattaforma interiore che sostiene le mie scelte, il mio quotidiano.
Ed è proprio questo, credo, il significato di percorso di crescita spirituale: impegnarsi a conoscersi meglio.
Tutto parte dalla conoscenza, come dice Marco Ferrini: ed è naturale che meno ci conosciamo, più dipendiamo dallo sguardo degli altri oppure indirizziamo i nostri bisogni in modo scorretto.

Inoltre, in parallelo, ritengo sia cresciuta anche la base di compassione che ho verso di me ogni volta che sbaglio o quando mi accorgo di non aver espresso la migliore versione di me stesso.
So di essere all'inizio di un cammino, so che probabilmente, nonostante il mio impegno, sbaglierò ancora altre volte: al tempo stesso ho realizzato che la pretesa di perfezione è un brutto scherzo del nostro falso ego. Sbagliare è umano e, come dice sempre Ferrini, correggersi è divino.

Il corso di counseling mi ha permesso di iniziare a lasciare andare la pretesa di avere tutto sotto controllo: oggi comprendo un po' meglio che abbiamo facoltà di lavorare sulle nostre intenzioni, sull'energia psichica che accompagna il nostro agire, sulle nostre convinzioni, emozioni, e certamente sulla speranza che le cose vadano bene. È comunque quell'ordine superiore in cui siamo inseriti che sceglie qual è il risultato del nostro agire più idoneo per noi, per la nostra crescita.
Questa visione mi ha aiutato ad alleggerire un po' lo ‘zaino’ che mi porto dietro nel mio percorso quotidiano: prima tendevo ad assumermi responsabilità non mie, ad essere molto più insistente.
Oggi, ad esempio, ho iniziato a comprendere che non posso essere responsabile della felicità degli altri. Posso magari cercare di offrire il meglio di me, con tutti i miei limiti, e rispettare quindi la libertà di autodeterminazione delle persone intorno a me.

Scrivendo queste parole mi viene in mente un bel libro di D'Avenia che ho finito di leggere da poco dove c'è un invito ad operare più che per essere “sicuri di noi stessi”, per “essere sicuri di essere noi stessi”: mi è piaciuta questo sottile differenziazione perché mi ricorda che a volte fondiamo tutto su false credenze, valori relativi e se consolidiamo queste basi poi andiamo fuori strada.

Come è stato possibile arrivare oggi, grazie alla Scuola del Centro Studi Bhaktivedanta, a questo mio nuovo punto di partenza?

Ognuno è libero di frequentare i seminari o gli altri momenti formativi come meglio crede, io non ho mai vissuto forzature; vero è che il percorso ti stimola, in certi momenti, ad arrivare quasi ad un faccia a faccia con i propri limiti, con i propri condizionamenti (come Dante che per muoversi dall'Inferno al Purgatorio deve passare letteralmente sul corpo di Lucifero).
Non è facile questo “faccia a faccia”, perché i limiti possono fare paura, rabbia, far emergere sensi di colpa; però se si sceglie di guardarli in faccia in modo guidato e graduale in un ambiente protetto, ecco che può iniziare un dialogo con loro e magari si trova pure, anche grazie a queste parti di noi, una strategia che soddisfi tutti.

Certamente non è facile, come sappiamo, uscire dalla nostra area di comfort ma durante il percorso mi sono sempre sentito sostenuto, mi sono davvero reso conto di non essere da solo.

La forza del gruppo e dei docenti per me è stata trainante.

I docenti e i tutor sono stati i primi ad offrirmi, ognuno secondo la propria personalità, un esempio di lavoro su se stessi e di coerenza: Andrea Boni, Manola Farabollini, Tanya Zakharova, mi sono sempre arrivati come docenti e studenti allo stesso tempo. In viaggio con noi e viceversa.

E poi il gruppo, gli altri corsisti: in alcuni momenti l'energia che si è formata tra di noi quasi la si poteva toccare tanto era forte.
Nei tanti laboratori ed esercitazioni fatte ho avvertito come i bisogni degli altri erano alla fine anche i miei e viceversa.
Davvero allora senti che siamo tutti in rete e che qualsiasi cosa di buono riesci a combinare nella vita di tutti i giorni, il servizio lo fai a tutti.
Questo è proprio un bell'esercizio per il nostro falso ego: il fargli comprendere di non essere al centro di tutto ma di essere parte di qualcosa di più grande, che ti può sostenere.

Questa sempre maggiore comprensione mi aiuta a vivere con meno ansia, più centratura e quindi a gestire meglio i miei moti mentali.

Se potessi dare un suggerimento a chi oggi sta valutando di iniziare un percorso di crescita personale, gli consiglierei di vivere i seminari non tanto come esperienza a sé (con il rischio che essi diventino una 'fuga' dalla realtà di tutti i giorni), ma come un 'allenamento' per cercare di fare in modo che ogni giorno della vita sia un seminario in cui ci si impegna a dare il meglio di sé.

Poi consiglierei di vivere i momenti di formazione ed i laboratori con umiltà, nel senso alto, sano del termine: ovvero riconoscersi via via le risorse, le potenzialità che emergono (riconoscimento e celebrazione sono indispensabili per affrontare gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano) e allo stesso tempo nutrire quell'attitudine di apertura, di consapevolezza del “sapere di non sapere” che permette di porre domande e di darsi tempo per comprendere e far sedimentare.

Essere un counselor CSB per me è innanzitutto operare ogni giorno per diventare una persona un pò migliore e quindi, di conseguenza, offrire un servizio migliore alle persone intorno a me; poi, certo, volendo c'è anche l'attestato per chi magari sceglie di dare la tesi o di svolgere tale professione, ma l'attestato è un foglio di carta che fra 10 anni chissà dove è, invece una maggiore consapevolezza resta per sempre.