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Io e la Bhagavad Gita: posizione o condizione?

DANIELA GIRONI

Io e la Bhagavad Gita, che da ora in poi per comodità, citandola, abbrevierò in BG, abbiamo iniziato a conoscerci parecchi anni or sono.
Maestra Carolina, questo il nome dell’insegnante da cui sentii per la prima volta pronunciare quel nome a me totalmente sconosciuto. Chi era? Cos’era? Nascosi senza esitazione la mia ignoranza e finsi di conoscerLa cercando di mantenere il mio sguardo senza ombra di stupore.

La cara maestra Carolina, con voce serena e calda, parlava della Bg con ritmo lento e una luce che le brillava negli occhi.
Illustrò, a noi genitori della quinta classe della scuola steineriana, che il programma di storia di quell’anno scolastico, sarebbe stato incentrato sullo studio della BG. Che cosa strana, pensai, ma al tempo stesso provavo una certa fiducia mista a gioia.
Se il flusso del parlato della maestra Carolina era lento, posso serenamente definirmi un bradipo nel mio incedere verso una conoscenza più….intima?, con la BG.
Ed eccomi qui, circa diciassette anni dopo, a studiarmela, ad assaporarmela, a ringraziarla di avermi pazientemente aspettata e sostenuta, in silenzio, in punta di piedi, come solo chi non ha ego è in grado di fare.
Iscritta a psicologia indovedica io che, quasi un ventennio fa, non avevo consapevolezza conscia della sua esistenza e invece Lei era dentro di me e mi sopportava in tutta la mia insopportabilità.
Lei, la BG, è talmente grande che a un certo punto, non ha più potuto starsene rannicchiata in un angolo dentro di me. Ha dovuto farsi spazio per permettermi di iniziare a respirare con consapevolezza, non più automaticamente. Se io respiro consapevolmente, Lei è felice e io pure.
Mi sta anche suggerendo di scrivere delle pillole di BG, ovvero di mettere nero su bianco ciò che, leggendoLa, mi fa vibrare la coscienza e quella vibrazione produce una luce che mai più mi permetterà di ritornare nell’ombra. Posizione o condizione?
La BG mi parla attraverso la voce del maestro, Marco Ferrini, e mi arriva potente e focalizzata, la sua modalità comunicativa che mi piace, mi piace molto, e le ho dato anche un nome. La chiamo modalità “senza scuse”.
La modalità comunicativa “senza scuse” è una modalità che apprezzo molto e che mi confà, in quanto, se mi trovo qui, è perché non voglio più nascondermi, non voglio più nascondere e non voglio più non-conoscere e non voglio più giustificarmi.
Il Maestro, mentre dà voce al cap.V,12 della BG, mi trasmette qualcosa di importante, ovvero la differenza tra posizione e condizione.
Nella BG non trovo condizioni ma solo posizioni. Come potrebbe essere altrimenti? Il suo scopo non è forse quello di condurci a liberarci dai condizionamenti?
Ma non è questa la modalità con cui ho vissuto le mie esperienze “religiose” sino a questo momento. Senza sapere perché, mi sono sempre avvicinata e poi subito allontanata dalla religione e ora, tac, ecco che mi è tutto chiaro. La mia coscienza non poteva respirare in presenza di condizionamenti, ed un moto di ribellione mi prendeva ma, essendo ignorante, non poteva far altro che sostenersi attraverso una modalità distruttiva che chiamo “modalità contro”.
Dunque, la BG offre la visione di una posizione nella quale collocarsi, che dona la possibilità di ottenere una prospettiva di cosa, come e con quali mezzi si può raggiungere la liberazione, moksha, e ricongiungersi al Sé. Ma quella posizione proposta non ha condizioni se non una: la libertà di spostarsi da quella posizione, provarne una diversa, per poi ritornare o meno in quella posizione non per effetto di un condizionamento, ma per l’effetto opposto: la liberazione da un condizionamento.
Chi aspira alla liberazione, svincolandosi da kama, loba e kroda, trova una posizione scevra da condizionamenti che altro non sono che disposizioni, ordini per ottenere qualcosa in cambio. E’ qualcosa di rigido, qualcosa che invece non trovo nel posizionarmi in un luogo da cui posso spostarmi in quanto non condizionata, ma da cui non voglio spostarmi non per paura bensì, ancora una volta, per l’opposta motivazione: il coraggio che si è strutturato in me perché ho sperimentato la pace resa possibile dalla destrutturazione dei condizionamenti.
Lo studio della psicologia della BG in presenza di forte motivazione e predisposizione all’evoluzione della consapevolezza, favorisce l’interruzione del comportamento limitante e crea una nuova alternativa potenziante. Se poi mi sposto nell’area counseling, trovo che la Bg fornisca una conoscenza indispensabile per l’espansione della coscienza del counselor in quanto, conducendo ad una maggior attenzione a sé stessi, la mente si unisce all’anima producendo nutrimento e gioia.
Nella mia pratica di counseling, ho potuto sperimentare quanto sia efficace proporre al cliente lo spostamento di focalizzazione da condizione a posizione suggeritomi dalla BG. I meccanismi automatici inconsci si interrompono. Qualcosa di molto potente interviene ad illuminare il condizionamento che, così smascherato può, in quanto finalmente riconosciuto, terminare il compito che gli era stato affidato ovvero quello di condurre l’essere, attraverso la sofferenza, ad accorgersi di lui, a riconoscerlo e a trascenderlo per agevolare la persona ad avvicinarsi sempre più all’obiettivo che l’incommensurabile sapienza dei Veda pone: moksha.
I condizionamenti, se la motivazione è lealmente indirizzata a riconoscerli, sono amici preziosi, strumenti che si mettono a nostra disposizione per favorire la nostra evoluzione.
Chi pratica la corsa ad ostacoli, vede nella capacità di superamento di quell’ostacolo un plus e dopo il superamento di ognuno degli ostacoli, raggiunto finalmente il traguardo, si sentirà……….
Che ognuno di noi sperimenti, senza condizionamenti, la propria personale sensazione, quella che pensa di poter provare una volta raggiunto il proprio personale traguardo.

Buona BG a tutti.