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Un volontariato migliore

CINZIA UCCELLINO

Da sempre ho sentito forte in me il desiderio di fare volontariato sia all’interno di associazioni che prendendo iniziative personali, penso sempre che sia legato al fatto di essermi presa cura di mio padre mancato dopo una malattia quando avevo poco più di vent'anni, ma probabilmente questa spinta è sempre stata presente in me.

Negli anni ho accompagnato persone a fare dialisi, ho fatto compagnia ed aiutato anziani, ho visitato pazienti negli ospedali, anche bambini, ho sostituito durante il pranzo educatori di ragazzi con disabilità, ho incontrato detenuti e giocato coi loro bambini. Ultimamente riscontravo in me una certa difficoltà a visitare strutture di accoglienza per anziani, in particolare quando erano riuniti nei saloni. Come volontaria degli Angeli colorati ci è stato insegnato ad essere allegri e chiacchieroni, portatori di un po’ di luce, ma ridere e scherzare in quel contesto mi faceva solo sentire inadeguata ed inutile. Davanti ad ospiti brillanti che avevano voglia di chiacchierare e raccontare la loro vita ed alcuni simpatici aneddoti era molto semplice, ma davanti a parole sconclusionate o alla rabbia accompagnate da un odore sgradevole di un pannolone cambiato troppo tempo prima, restavo a bocca aperta.

Già durante i primi mesi del corso di formazione in Counseling del Centro Studi Bhaktivedanta avevo percepito quanto nella relazione d’aiuto sia fondamentale accogliere il proprio dolore per essere in grado di farlo con il dolore altrui, è importantissima la consapevolezza emotiva, altrimenti si tratta di una fuga dolorosa che non porta di sicuro all’evoluzione.

La descrizione molto recente, all’interno del webinar di Maggio, della differenza che sussiste tra i verbi SERVIRE, AIUTARE e PROVVEDERE è stata per me una vera rivelazione, oltre che una meta da raggiungere, perché quanto suggerito per un aspirante counselor può essere applicato ad ogni relazione umana, quindi anche e soprattutto nel volontariato.

Il verbo aiutare (etimologia ADJUVARE AD =verso JUVARE= giovare quindi porgere soccorso, difesa, favore e protezione), implica diseguaglianza, sottolinea la situazione di svantaggio di una parte, di un debito da saldare, la vita stessa appare nella sua debolezza, invece il verbo provvedere (etimologia PRO= dinanzi, prima, VIDERE= vedere, cioè si procaccia prima quello che serve) implica un giudizio implicito su ciò che manca, la vita stessa è carente. Il verbo servire (etimologia da SERVUS essere servo, prestare servizio, opera) sottolinea un rapporto alla pari, se non subalterno da parte di chi lo offre, chiede alle nostre ferite e limiti di diventare la nostra forza, senza aspettative, connettendosi all'Amore universale, il fine è quello di essere nella compassione, ricevendo e donando, come fa un canale che riceve l'acqua e la dona. La vita risulta completa.