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Ricominciare

BARBARA FRIGERIO

Quel che segue è la riflessione introduttiva che Marco Ferrini ha offerto nello scorso incontro di Counseling presso il Campus CSB. Un’occasione per comprendere cosa significhi perdere il senso della vita, non attribuirle il giusto valore, sviluppando una visione distorta di sé e degli altri. L’egocentrismo, la volontà di dominare e l’anaffettività possono indurre a considerare gli altri come meri strumenti per conseguire i propri scopi. Divenire consapevoli del proprio ruolo sul piano individuale e sociale, praticare il senso di responsabilità verso se stessi e verso gli altri, consente di riconoscere il vero scopo della evita, evitando di sprecarla.

“Dalla testimonianza del protagonista di una complessa e difficile esperienza di vita, ascolteremo come è possibile risollevarsi da un passato criminale, dai fantasmi della memoria attraverso una drammatica lotta interiore, vissuta nell’ambiente duro di un penitenziario in una progressiva maturazione e trasformazione interiore fino ad una presa di coscienza delle proprie responsabilità civili e penali. Un’occasione rara per attingere spunti importanti per l’attività di counseling volta ad aiutare persone a trarsi fuori da situazioni problematiche, talvolta apparentemente irreparabili.”  

Marco Ferrini:
“Provo a raccontare la trasformazione avvenuta in A.C. da quando lo conosco, mentre lui potrà testimoniare la sua esperienza. Gli porrò delle domande, invitando tutti voi a prendere appunti, affinché possiate a vostra volta farne altre a cui entrambi risponderemo dai nostri diversi punti di vista. Io per primo ho considerato formativo aver visitato alcuni istituti di pena, offrendo quella visione e conoscenza che tanto beneficio nella vita mi hanno dato, come un dono da condividere con altre persone. Persone che al momento non godono di quel bene straordinario e prezioso che è la libertà. Come diceva Pietro Calamandrei, grande giurista del secolo scorso: “La libertà è come l'aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare.”

Il concetto di libertà è molto complesso; ho conosciuto persone apparentemente libere, in realtà prigioniere di se stesse, dei propri condizionamenti. Ognuno di voi può ponderare la propria situazione e quella delle persone vicine. Quanto sono davvero libere, rispetto a quel che credono?
Se vogliamo riflettere sulle origini della natura criminale, dobbiamo innanzitutto comprendere il significato di libertà. Poi chiediamoci: “Cos’è un crimine? Cosa lo determina e lo caratterizza?”
Una riflessione che non può essere disgiunta da quella che penetra nelle viscere del problema e della gente: qual è lo scopo della vita?
E’ meglio trascorrere la vita rinchiusi in una bolla, in una zona di comfort o vivere un’esistenza tribolata, magari drammatica e infestata dai fantasmi della memoria, ma nuovamente orientata nella prospettiva di “moksha”, della liberazione, della vera libertà e dell’amore?

Senza alcun dubbio, piuttosto che vivere “in vitro” smarrendo il senso della vita, preferirei la seconda opportunità nel sincero tentativo di riprendere il timone in mano.
Possiamo scegliere di divenire persone autentiche o fingere nascondendosi dietro le buone maniere, che celano un’attitudine egocentrica, ingannevole, insensibile e incapace di prendersi le proprie responsabilità, sorda alla voce della coscienza. Tali caratteristiche sono chiaramente presenti nei criminali, ma talvolta anche in chi ha un ruolo di coniuge, figlio, genitore, leader, avvocato, politico, amministratore etc. tanto per citare alcune categorie sensibili, ma talvolta avvezze a un comportamento manipolatorio.

Le statistiche indicano una percentuale di psicopatie manipolatorie prevalente nel genere maschile, più che in quello femminile. Questi dati si basano su di un campione di popolazione e hanno un valore relativo, ma danno un’idea d’insieme di questa società di massa e devono farci riflettere su chi realmente siamo e come ci comportiamo.
Vi sono persone che hanno la tendenza a dominare, il cui comportamento è freddo e indifferente alla sofferenza che generano. La freddezza è sintomo di anaffettività. Chi è l’anaffettivo? E’ colui che si pone al centro di tutto, che considera gli altri alla stregua di strumenti utili ai suoi scopi e per il quale nulla conta di più dei propri interessi personali. Chi ha un simile comportamento è spesso affetto da sindrome narcisistica.
Quante persone vivono intorno a noi, in cui possiamo riconoscere queste tendenze?
Lo dico per farvi aprire gli occhi e distinguere i manipolatori da coloro che si sono autenticamente pentiti e incamminati sulla via della trasformazione interiore.

Ognuno di noi ha un ruolo sociale e uno spirituale da svolgere nella propria vita, e tali ruoli sono rilevanti sul piano comportamentale anche per quella altrui. Le responsabilità sono molteplici nei vari ruoli che ricopriamo, a partire da quello di genitori verso i nostri figli, soprattutto in tenera età. La psiche in età puerile è estremamente sensibile, la mente di un bambino la si può modellare con maggiore facilità di quella di un adulto.
I genitori sono i primi a essere chiamati al senso di responsabilità, perché molto di quel che accadrà dipenderà della mappa emotiva segnata nei primi anni di vita dei figli. La famiglia di origine ha una grande influenza sulle possibili catastrofi o i successi dei figli in età adulta, sulle loro gioie e dolori. Un appello che non rivolgo solo ai genitori, ma anche agli insegnanti, soprattutto coloro che operano nelle scuole materne ed elementari. In quanto educatori, sono responsabili nell’educare gli adulti del domani; un lavoro di modellatura che richiede la mano di un artista, piuttosto che di un caporale. A 18 anni la psiche comincia a essere strutturata e spesso già gravemente condizionata; ciò significa che avrà maggiori difficoltà ad apprendere nuovi insegnamenti, ad aprirsi a nuove prospettive della vita e ai nuovi educatori che incontrerà. Tenderà piuttosto a mettere in atto schemi comportamentali inconsci acquisiti, in base ai modelli ricevuti.

Cerchiamo di comprendere quel che accade alle persone, anziché considerarle da quel che leggiamo nelle pagine dei rotocalchi, magari nelle notizie di cronaca nera. Cerchiamo di capirne la provenienza e se sono le sole di cui avere paura, perché arrestate. Vi sono anche criminali invisibili, vestiti in giacca e cravatta e noi dobbiamo evitare di essere vittime di una cecità selettiva. Dobbiamo imparare a vedere la corruzione dei costumi, dei comportamenti, dei doveri, delle istituzioni e delle relazioni; i tradimenti famigliari, amicali, politici o d’amore, sono tutti crimini, seppur in misura diversa, perpetrati in silenzio e troppo spesso non riportati all’attenzione del pubblico. Impariamo a osservare le piccole e grandi ingiustizie, piuttosto che sdegnarsi solo davanti agli arresti che finiscono in prima pagina. Prima ancora che qualcosa prenda forma e si materializzi, vi é una fase in cui si sta plasmando. E’ in questa fase che possiamo intervenire, quando ci è concesso farlo.
Il lavoro di questo pomeriggio avrà successo nella misura in cui comprenderete il ruolo importante del counselor nel risolvere problemi, ancor prima che divengano irreversibili e che sia necessario chiamare le forze dell’ordine. Tale responsabilità non è un‘esclusiva della magistratura o di esperti psichiatri.
E’ compito di tutti noi portare il nostro contributo nelle relazioni, che dire in una relazione d’aiuto, orientando chi è in difficoltà. Siamo tutti a bordo di una zattera in un pianeta che affonda, inquinato nell’acqua, nella terra, nel cielo, e soprattutto nella psiche collettiva incessantemente assoggettata ad un rimbecillente bombardamento pubblicitario.

Negli ultimi 12 anni ho offerto una nuova prospettiva a A.C. per via epistolare; è stato uno scambio tra persone umane, scritti talvolta commoventi, altri che facevano affiorare un sorriso. Seppur navigando su due zattere diverse, sin dall’inizio ero consapevole che avrebbe potuto cambiare corrente.
Vi invito a osservare da questa prospettiva le persone che conoscete. Anche quando le vedete esprimere il peggio di sé, sappiate che la loro coscienza é obnubilata e frastornata, incapaci di vedere la realtà. Hanno una visione distorta della vita e così come la percepiscono, agiscono. Ma sappiate anche che non è mai troppo tardi per nessuno correggersi, purché lo si desideri intensamente e lo si persegua con coerenza. Il Mahabharata narra la caduta degli esseri umani e la loro capacità di risollevarsi, mettendosi in marcia verso la perfezione e la realizzazione spirituale.
Come counselor siamo qui per comprendere ed aiutare chi lo desidera. Oltre ad acquisire strumenti di conoscenza, dobbiamo praticare esercizi interiori costanti e giornalieri, che ci consentano di vedere la realtà e trascendere il mondo fenomenico, in cui siamo invischiati, incapaci di osservare con gli occhi dello spirito (purusha), piuttosto che restare abbagliati, accecati dall’effimero luccichio della materia (prakriti). Ognuno di voi può imparare a osservare dalla prospettiva spirituale e agire nel mondo come signori della propria dimora interiore, liberi dai condizionamenti. Dobbiamo temere le conseguenze quando ci lasciamo fagocitare da tutto ciò che non è in relazione con lo spirito, scoprendo poi - ahimé – esserne prigionieri.”