
Pregiudizi e giudizi nella comunicazione e nelle relazioni
Le relazioni umane sono il cuore della nostra esperienza di vita, ma spesso sono minate da pregiudizi e giudizi che ostacolano una comunicazione autentica e costruttiva. Questa riflessione esplorerà come riconoscere e trasformare questi meccanismi interiori, offrendo strumenti pratici per migliorare la qualità delle relazioni personali e professionali.
Questa riflessione si pone l’obiettivo di approfondire la propria capacità di comunicare con empatia, superare barriere mentali e relazionarsi con gli altri in modo più autentico e significativo attraverso la comprensione di cosa sono il pregiudizio ed il giudizio e come influenzano il modo di comunicare e le relazioni.
Iniziamo con una premessa importante: giudicare è naturale, è parte del nostro essere umani. Il giudizio è una funzione fondamentale della nostra mente, che ci consente di discernere, di valutare, di scegliere. È una capacità essenziale per orientarci nel mondo e per distinguere ciò che è giusto per noi da ciò che non lo è. In questo senso, possiamo dire che il giudizio è una delle più alte espressioni del nostro intelletto.
Ma cosa succede quando questa capacità, che dovrebbe guidarci verso il discernimento, si trasforma in uno strumento di chiusura? Quando, invece di aiutarci a comprendere, ci porta a etichettare, a stigmatizzare, a ridurre l’altro a una categoria predefinita? È qui che nasce la differenza tra giudizio costruttivo, che orienta e illumina, e giudizio distruttivo, che separa e stigmatizza.
Il tema diventa ancora più complesso se consideriamo i pregiudizi, cioè quelle forme di giudizio che non passano attraverso la consapevolezza, ma si fondano su automatismi, su stereotipi, su esperienze pregresse o convinzioni radicate, quelle che chiamiamo assolutismi, ovvero l’atto di definire una “legge” generale a partire da pochi dati, magari non completamente corretti. I pregiudizi sono spesso inconsci, ma influenzano profondamente il modo in cui comunichiamo e ci relazioniamo con gli altri. L’assolutizzazione di una percezione è il modo attraverso il quale l’essere umano non esercita la sua capacità di giudizio elevato.
Si desidera qui offrire riflessioni e strumenti per distinguere tra questi due approcci al giudizio. Da una parte, si ritiene importante riconoscere i nostri pregiudizi e giudizi distruttivi, che rischiano di creare distanze e conflitti. Dall’altra, come esseri umani dotati di intelletto e discernimento, si pone la necessità di coltivare un giudizio costruttivo, capace di guidarci verso una comprensione più profonda del mondo, di come va il mondo, degli altri e di noi stessi e questo dovrebbe essere lo scopo della vita, ovvero conoscerci. In questo senso attenzione alla cosiddetta “cancel culture” che, tra le altre cose, tende ad attribuire significati diversi alle parole, perdendone il senso originario.
Il counseling può aiutarci a sviluppare questa consapevolezza. Il percorso triennale di formazione del Centro Studi Bhaktivedanta è pensato proprio per chi desidera affinare la propria capacità di “giudizio”, di ascolto, comprendere meglio le dinamiche relazionali e diventare una risorsa per sé e per gli altri.
Giudizio o non giudizio?
Il tema del “giudizio” è straordinariamente interessante e a mio modo di vedere inesauribile. È oggetto di analisi da secoli, se non millenni, ed invade la nostra sfera relazionale quotidianamente. Chi di noi può asserire di non aver “giudicato” qualcuno, qualcosa? Anche solo con il pensiero.
È impossibile non giudicare.
Il giudizio è infatti una funzione della psiche, del’intelletto in particolare (Buddha in sanscrito), tra le tante altre (l’emozione, il pensiero, il sentimento, la riflessione, l’immaginazione, ecc.). È pertanto strumento di esperienza nel mondo e come tale andrebbe utilizzato.
Nella sua forma più elevata è una funzione "de gl’intelletti sani" ( "O voi ch’ avete gl’ intelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto il velame degli versi strani”, afferma Dante nel Canto IX dell’inferno, invitando quindi ad approcciarsi allo studio della Commedia con “giudizio”, andando oltre, per comprendere il vero insegnamento, quello esoterico, che è per pochi evidentemente).
Anche Gesù di Nazareth ha fornito un esempio di come giudicare: “va e non peccare più”, dice alla peccatrice, esprimendo quindi un giudizio sul fatto che ella ha peccato, ma senza stigmatizzare la persona, senza condannarla, anzi esprimendo compassione, offrendo possibilità di riscatto senza sminuire.
Sembra quindi che il giudizio richieda consapevolezza, attenzione, ascolto profondo. Il giudizio richiede quindi saggezza.
Altrimenti cosa avviene? Altrimenti è proiezione di condizionamenti individuali, di aspettative, di false credenze, di rigidità, di bigottismo, sentimentalismo, e crea danni relazionali enormi, a partire dal semplice pettegolezzo (prajalpa), che distrugge, annienta le relazioni, le visioni comunitarie.
All’interno dei percorsi di formazione in Counseling del Centro Studi Bhaktivedanta dedichiamo un modulo specifico all’etica, alla morale ed in particolare alla deontologia, che è l’etica applicata. Esiste una deontologia professionale, esiste una deontologia dell’essere umano. È un tema straordinario che affrontiamo direttamente o trasversalmente all’interno del nostro percorso triennale.
Se non sono in possesso di tutte, ma proprio tutte le informazioni su un determinato evento, se non ho attentamente verificato, non è deontologicamente corretto esprimere un giudizio. Posso procedere con cautela, con accortezza, riservandomi di verificare, di andare leggere, andare a chiedere, se il caso, alle persone coinvolte, o leggere del materiale specifico, anche di altri autori. Poi, una volta acquisito tutte, ma davvero tutte, le informazioni, posso agire in un atto consapevole di giudizio.
Che sia saggio, però.
Possiamo qui riassumere alcune linee guida che orientano ad un giudizio autentico, elevato, saggio e quindi evoluto, cioé che costruisce e che porta un contributo al Bene di tutte le entità o soggetti coinvolti:
ho verificato tutte le informazioni in mio possesso? Ho chiesto ad altre persone coinvolte nell’evento, anche direttamente? Mi sono adeguatamente documentato?
Qual è la motivazione che mi orienta ad esprimere un giudizio? È per il bene delle persone coinvolte? Il mio pensiero che sto per esprimere è utile? È volto alla crescita e a costruire oppure distrugge?
Qual è il mio sentire in relazione all’evento in sé? Come sto?
Quali sono le mie convinzioni, le mie proiezioni? Quali sono le mie ipocrisie in relazione all’evento?
In che modo parlo dell’evento o degli eventi in sé con altri? Qual è la mia attitudine nella condivisione?
In che modo mi pongo nell’ascoltare gli altri in relazione all’evento in sé? Sono aperto ad accogliere altre prospettive o mi pongo in un arroccamento rigido nella mia posizione?
Ecco, verificato ciò, si può certamente utilizzare con giudizio questa straordinaria facoltà della psiche.
Infine una riflessione su come imparare a cogliere al meglio i “giudizi” che ci arrivano dall’esterno.
4 consigli per gestire i “giudizi” ricevuti:
1. Accogli il riscontro che ricevi: considera le critiche che ricevi come un ponte, non una barriera. Accoglile nella prospettiva di un balzo verso la crescita personale.
2. Pratica esercizi di consapevolezza emozionale. Rifletti piuttosto che reagire. Ogni riscontro ricevuto, anche quelli più distruttivi, è un'opportunità per imparare ed evolvere.
3. Adotta un mantra di crescita: abbraccia il mantra: “Accolgo e valuto quello che mi viene detto”. Lascia che questa prospettiva sia la tua protezione e la tua guida nel viaggio dell'auto-miglioramento.
4. Apprezza, non resistere: ringrazia i tuoi “critici”. L'apprezzamento sulla resistenza trasforma le critiche in un potente alleato per il tuo sviluppo personale e professionale.
Trasforma i giudizi che ricevi nella tua bussola per la crescita. Accogliendole come un ponte verso la crescita, possiamo mantenere un livello di equanimità che ci consente di apprezzare le lezioni inaspettate che aspettano di essere trovate.
Il tuo percorso verso l'evoluzione personale inizia anche con l'accettazione dei giudizi ricevuti.
Andrea Boni
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