La magia del perdono
Il seminario di maggio di formazione in Counseling del Centro Studi Bhaktivedanta, oltre ad essere molto interessante e significativo, è stato per me illuminante perché mi ha permesso di fare chiarezza su uno stato di malessere che mi abitava dal rientro della gita scolastica a Barcellona fatta con i miei alunni di terza media.
Il loro comportamento su cui ho riposto sempre tanta fiducia si è rivelato ribelle. Avendo fatto il triennio di scuola durante il periodo del covid, non erano mai usciti e sapere di andare a Barcellona li ha destabilizzati molto a livello emotivo già a Febbraio, quando ne sono venuti a conoscenza. Il loro pensiero era sempre lì, non studiavano più e io ho fatto tanta fatica a gestirli.
A Pasqua ho avuto un problema di salute, il distacco del vitreo, che mi ha fatto preoccupare molto e mi ha dato qualche problema, ma nonostante ciò ho scelto di accompagnare i ragazzi a soli 15 giorni dall’accaduto decidendo di non stare nella paura. Sono partita quindi con la certezza che avrei condiviso momenti bellissimi, in realtà mi sono trovata a vivere tutt’altra situazione. I ragazzi non hanno mostrato spirito collaborativo, né interesse a quanto venisse proposto dal punto di vista didattico, erano sempre e solo interessati a trasgredire a quelle poche regole che avevamo dato ed erano presi solo dal loro mondo relazionale e virtuale. La mia reazione a tutto ciò è stata quella di sentirmi offesa e mi sono rattristata molto; allo stesso tempo i miei alunni apparivano del tutti ignari della gravità del loro comportamento.
Al rientro da Barcellona ho vissuto giorni e giorni di amarezza, di assenza di energia e ho avuto difficoltà nello svolgere il mio ruolo di madre e di docente. Ma quando ho vissuto il fine settimana del percorso di Counseling di maggio mi si è fatta chiarezza sulla questione perché ho capito cos’è il tradimento e cosa sia stato offeso. Il lunedì ho approfittato per presentare una riflessione sull’etimologia della parola tradimento e a cuore aperto ho comunicato ai ragazzi il mio sentire. In quel preciso istante le barriere che avevo alzato come difesa alla mia maschera si sono sgretolate e io mi sono sentita nuovamente in sintonia con i miei alunni. I loro visi attoniti segnalavano l’ignoranza di ciò che il loro comportamento, seppur non intenzionale, aveva creato in me. Quanto riferito loro non li ha fatti sentire oggetto di rimprovero ma, al contrario, si sono sentiti partecipi di un momento di profonda condivisione emotiva e così abbiamo continuato a crescere insieme.
Il giorno dopo si respirava energia diversa, pulita e vivificante e il nostro spazio era ancora uno spazio sacro di gioia e condivisione. Ora, guardando indietro, sono grata a questo episodio e al seminario che mi hanno dato l’opportunità di esplorare dentro me cosa fosse accaduto e di capire che ad essere stata offesa è stata la maschera di insegnante con cui mi identifico spesso. Inoltre ho individuato anche l’attivazione della ferita che mi contraddistingue: la ferita dell’abbandono; si, perché mi sono sentita proprio abbandonata ed esclusa dai miei alunni. La mia ferita più profonda è quella dell’abbandono e i miei bisogni più grandi sono ravvisabili nella condivisione, nel senso di appartenenza e nel sentirsi riconosciuta.
Questa esperienza, seppur dolorosa, mi ha dato l’opportunità di allenarmi per sviluppare la capacità di trasformare qualunque cosa accada nella vita, come fosse un dono per me, per migliorarmi con fede e forza. Sì, perché per perdonare ci vuole forza, coraggio come sostiene G. G. Jampolsky nel libro "La forza del perdono" grazie a cui ho imparato che l’Amore può salvare il mondo e il perdono può guarirci perché perdonare significa astenersi dal tormentare le nostre ferite affinché queste cessino di sanguinare, liberarsi dalla rabbia e dai pensieri aggressivi, non escludere nessuno dal nostro amore, curare le ferite profonde che abbiamo nel cuore, vedere la luce di Dio in ogni essere umano indipendentemente dal comportamento di ciascuno. Perdonare gli altri ma in primis noi stessi per gli errori commessi, i sensi di colpa e la vergogna che proviamo. Il Perdono apre le porte al nostro sentimento spirituale, favorisce la comunione fra gli esseri umani e l’unione con Dio.
Attualmente il mio percorso di formazione in Counseling lo sto vivendo con maggiore serenità perché essendo in ferie posso dedicarmi pienamente ai miei studi e recuperare i ritardi. Ho scoperto che ho scelto di vivere nel Perdono nei miei confronti perché se prima all’idea di ritardi nelle consegne didattiche mi giudicavo, ero insoddisfatta, brontolona e mi vivevo stati ansiosi, ora posso constatare di aver sviluppato un atteggiamento più morbido, nel senso che mi tratto con clemenza, tolleranza e accoglienza; non giudicandomi più mi sento più tranquilla e serena e sono entusiasta all’idea di essere in un momento della mia vita in cui ho la possibilità di evolvere e sono grata alla vita per tutto ciò; ho sempre avuto tanta fede nella vita e, ora più che mai.
Rossella Celenza