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La forza del perdono: seminario formazione counseling Giugno 2023

Il perdono non è un atto istintivo ed immediato, bensì un processo trasversale che parte dalla volontà della persona che si è sentita offesa, per poi attraversarne il campo emozionale e spirituale.
In effetti, non si può dire che il perdono sia compiuto se non avviene attraverso una profonda consapevolezza che attiene al livello conscio e inconscio della personalità, in grado di frantumare a poco a poco condizionamenti radicati e invalidanti ai fini di un processo evolutivo.

Dal punto di vista della letteratura in ambito psicologico, la terapia del perdono ha acquisito, negli ultimi anni, maggior considerazione.
Ogni offesa al proprio io reca una ferita che solleva emozioni distruttive e tossiche che vanno a strutturarsi a livello inconscio, determinando la nascita di condizionamenti e difese.
Questi ultimi ci allontanano dal nostro autentico sentire, causando alienazione dal centro del nostro vero sé e, di conseguenza, malessere esistenziale.
Attraverso il perdono la ferita dell'io viene rimarginata: le emozioni tossiche e di conseguenza i condizionamenti ad esse legate si sgretolano. Il vero perdono elimina, così, ogni legame emotivo con l'offesa, che non scalfisce più.
Da qui l'importanza del perdono come cura del nostro ego ferito perché condizionato, malato, costretto a "dimensioni esclusivamente orizzontali". Non libero di volare e di accedere ad un piano "valoriale verticale".
Le ali dobbiamo mettercele noi! La cultura indovedica indica in effetti che sussistono 4 componenti al raggiungimento del risultato: una componente la mettiamo noi, una componente il Guru al quale chiedere sostegno ed insegnamento, una terza componente è il tempo, ma una quarta componente appartiene all’imponderabile, all’assoluto, a Dio. Per questo motivo è necessario, parimenti, sviluppare il “lasciare andare”, l’abbandono a Dio.
Il perdono è un atto strettamente personale, scevro da aspettative future sulla reazione e sul comportamento dell'altro.
In questo senso è, a piene mani, un processo di vera compassione, senza aspettativa di "ritorni" in termini materiali, emotivi e spirituali.
Il "do ut des", "do al fine di ricevere", viene ribaltato. Diventa, nell'autenticità, un "do per offrire": "per"-"dono" ("perfezione del dono") per il semplice gesto di donare.
In questo modo si eleva la coscienza condizionata ad un piano più alto, quello del vero sé, attingendo all' "idea perfetta" del donare.
Il perdono, nella sua liberalità di espressione, è un atto d'Amore, che ci avvicina alla misericordia divina, ci libera dal passato e ci porta a riscoprire la nostra essenza spirituale.
Esso deve essere esperito in primis su noi stessi, per essere poi esteso efficacemente nei confronti di altri.
Non sempre è facile perdonarsi. Il perdono di noi stessi comporta scendere negli inferi della nostra zona d'ombra: osservarla coraggiosamente, spesso provare dolore, sensi di colpa per l'errore commesso. Vi è il desiderio di chiedere scusa al danneggiato - prima ancora a noi stessi! - e di correggersi nel più breve tempo possibile.
Auto-perdonarsi è esso stesso un atto di auto-compassione. Nel collegamento dell'io a valori etici universali che ci guidano, al dharma come divino ordine cosmico, in noi e fuori di noi, possiamo trovare la forza e l'ispirazione necessarie ad innescare la leva del perdono.
In conclusione si può affermare che l'Esserci heideggeriano, gettato nel mondo e senza una direzione che non sia la certezza del proprio "essere per la morte" riacquista, nel collegarsi alla qualità divina del perdono, il senso e la meta del suo viaggio.


Il seminario ha trattato il tema La forza del perdono evidenziando innanzitutto che il tema del perdono é centrale nell'ambito della formazione personale ma anche nell'ambito di un percorso di counseling, in quanto rappresenta il fulcro del colloquio stesso, poiché é legato alla dimensione ontologica dell'essere vivente che é Amore, un Amore che non può rivelarsi senza il Perdono. Infatti, poiché il Sé è nella dimensione dell'Amore, la dimensione del perdono é quella che caratterizza la centralità dell'esperienza dell'atman.
Per un counselor risulterà quindi difficile accompagnare un cliente nel percorso del perdono se prima non sarà riuscito egli stesso a perdonare gli altri e a perdonarsi.
È quindi essenziale che un counselor lavori costantemente su se stesso e sulla propria sfera emozionale al fine di "imparare a perdonare davvero per smettere di fare la vittima e osservare gli eventi con un'altra prospettiva, un'altra interpretazione, più evoluta" (Colin Tipping).

È stato posto l'accento sul fatto che il tema del perdono va considerato da diverse prospettive perché ogni persona percepisce un oggetto secondo la propria mentalità e secondo il proprio guna-karma. Patanjali infatti, negli Yoga Sutra (Kaivalya Pada, capitolo 4.16) spiega che "un oggetto non dipende da una sola mente (per la sua esistenza); se così fosse, cosa succederebbe se non fosse percepito (da quella mente)?".
Non esiste infatti nessun evento assoluto di per sé nel relativo e quindi in relazione al tema del perdono é importante osservare l'atto offensivo da diverse prospettive chiedendosi in primo luogo quale dimensione del sentire profondo é stata toccata e chi/cosa é stato tradito/defraudato/giudicato. Anche all'interno di un percorso di counseling é importante far osservare al cliente quale aspetto della personalità é stato toccato dall'evento e quale bisogno non é stato soddisfatto.


Nel corso del seminario sono stati analizzati i fattori dell'atto del perdono: fattori emotivi-cognitivi che caratterizzano la persona stessa e che riguardano la risposta emotiva come conseguenza dell'azione subita e di chi l'ha commessa:
- Fattori associati all'atto offensivo: aspetti principali dell'azione dannosa e il comportamento del persecutore dopo aver compiuto il gesto.
- Fattori relazionali: le caratteristiche qualitative della relazione tra vittima e offensore.
- Fattori personali: stili comportamentali riguardanti la vittima e il suo modo di reagire alla situazione dannosa.

È importante osservare questi fattori e comprenderli sia da un punto di vista logico-razionale che da un punto di vista emotivo. L'aspetto più importante dell'atto del perdono é infatti sviluppare un pensiero meta-cognitivo capace di visualizzare ed attualizzare una nuova prospettiva. Diventando osservatori e testimoni del nostro mondo interiore, dei nostri pensieri e delle nostre emozioni non subiamo gli eventi ma riusciamo a viverli in modo consapevole.
Sia Patanjali negli Yoga Sutra (abhyasa-vairagyabhyam tan-nirodhah 1.12) che Krishna nella Bhagavadgita (abhyasena...vairagyena 6.35) sottolineano l'importanza di diventare osservatori caratterizzati da vairagya, ovvero dal distacco emotivo.
Nel processo del perdono é inoltre importante porsi empaticamente nei panni dell'offensore, o comunque comprenderne i bisogni ed i limiti al fine di valutare l'accaduto da un nuovo punto di vista.
È importante evitare un'eccessiva rigidità emotiva e il fenomeno della "ruminazione mentale" che implica un rimuginare continuo su quanto é accaduto su un piano cognitivo. Se ci fissiamo sullo stesso pensiero, questo poi diventerà tossico e ci impedirà di mettere in moto il processo evolutivo del perdono che é invece in grado di rompere ogni schema limitante dentro di noi operando un cambiamento cognitivo, affettivo e comportamentale.
Sono state poi prese in considerazione le fasi del perdono: fase della scoperta, fase decisionale, fase di lavoro e fase del risultato mettendo in evidenza anche gli aspetti più importanti che portano al vero perdono.
È importante comprendere la necessità del perdono. Non si può amare e non perdonare perché come scrive Dante nell'Inferno "é la contradizion che nol consente".
La parabola del figliol prodigo é possibile solo perché c'é un padre che ama. La vera grandezza é essere capaci di accogliere anche chi ha peccato.
Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori. Perdonarci reciprocamente é la prima legge di natura. È importante capire che le persone sono prigioniere dei guna, di forze titaniche della natura che dominano la personalità. Prima che la persona raggiunga la perfezione dovrà vivere molte esperienze.
Il tema centrale del seminario é stato quello del debito emotivo, trattato dal punto di vista della tradizione dello Yoga.
La psicologia indovedica insegna che la buddhi, ovvero l'intelletto, é una struttura che dovrebbe essere messa al servizio del Sé e poiché essa é responsabile del discernimento dovrebbe essere purificata. I saggi affermano che quando la buddhi é collegata al Supremo (Buddhi Yukta) diventa come un cristallo trasparente che non distorce più la Realtà.
Di fronte ad una dinamica relazionale/intrapsichica o ad un evento ogni persona reagisce in modo diverso in quanto interpreta tutto in base al proprio vissuto emotivo pregresso non elaborato, o in altre parole in base al proprio debito emotivo che nella psicologia indovedica è definito debito karmico.
Il debito emotivo é il bagaglio di emozioni non elaborate che noi ci portiamo dietro dalle vite precedenti. Nel gioco della vita gli altri attivano i trigger che fanno emergere delle emozioni che sono già dentro di noi. Poiché il nostro bagaglio emotivo é solitamente carico a livello sottile di orgoglio, senso di ingiustizia, desiderio di potere, ecc. é importante avviare un processo di purificazione. In quest'ottica, ogni evento apparentemente negativo che incontriamo presenta qualcosa di celato e mistico in quanto può svelarci qualcosa di noi stessi.


In definitiva, qual è la forza del perdono?
Qual è la forza del perdono?
- È un processo inclusivo: nulla viene negato, allontanato, separato, ma incluso all'interno di uno spazio di valutazione più esteso, comporta quindi unione, inclusività, quando si perdona ci si sente uniti al tutto.
- Crea una forza interiore potente, capace di superare crisi ed avversità di ogni genere.
- La forza del perdono è l’Amore che consente di comprendere che ogni soggetto è esito di dinamiche interiori profonde, talvolta distorte, altre volte sincrone con la forza del Dharma, e questo causa disarmonie coscienziali, quindi nei desideri, nei pensieri, nelle parole e nelle azioni (si veda Kaivalya Pada, Sutra IV).
- Connettere tutto sul piano dell’Amore divino e di un senso evolutivo.
- Consente di imparare a dedicare il nostro sentire a Dio.