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Ascoltando il silenzio

ALESSANDRA CORA'

Incontrare il silenzio non è poi così facile, in questo mondo pieno di stimoli, rumori, parole. La pratica del silenzio è desueta oramai e a dirla tutta mette anche ansia, induce a stare in contatto con sé stessi e rimanere con sé stessi non è sempre così piacevole. Ci si imbatte con ciò che non si vuole vedere e che consciamente o meno abbiamo stipato nella soffitta del nostro mondo interiore. Eppure, stare nel silenzio è una pratica benefica e purificatrice, connette, ispira, rigenera.
Per un counselor il silenzio è una prova tosta da superare. Sostenere una pausa, dove il cliente piange o non sa che dire è a volte complicato. Tuttavia quei momenti silenziosi sono preziosi, perché permettono alla persona di stare con sé stessa, per riflettere, per lasciare spazio alle emozioni e poterle vivere, dà modo al counselor di cogliere nuove sfumature, di ascoltare e osservare altre prospettive.
Il silenzio toglie dall’imbarazzo di non aver materiale vocale a disposizione. Il silenzio fa parlare il cuore, accende il sorriso, una carezza, è l’energia che racchiudiamo in noi che si mette in movimento, delicatamente, non fa rumore ma se ne coglie la presenza. In hospice ho iniziato a confrontarmi con i silenzi, hanno un sapore diverso, a volte li percepisco densi, altre più leggeri, ed io così nuova e inesperta, ascolto e mi ascolto, osservo i movimenti, gli sguardi, particolari di ultimi frangenti di vita incarnata che vivono avvolti in profondo silenzio. Prima o poi arriva il momento che bisogna confrontarsi con questa assenza di suoni e di parole, e se troviamo il coraggio di entrarci dentro tutto si trasforma. L’altro giorno in hospice il silenzio mi ha toccato il cuore, non so se corrisponde a realtà ciò che mi ha ispirato, vero è che in qualche modo quelle persone silentemente hanno comunicato con me ed io ho raccolto le loro mute parole…
“Il silenzio diventa l’anticamera di una tomba quando l’orologio che sovrasta la parete davanti al mio letto fatica a muovere le sue lancette, il tempo si dilata, non passa mai. Sta diventando faticoso vivere con me stesso e con la stanchezza che mi porto a presso. La malattia sta consumando il mio corpo e sul corpo ci avevo fatto affidamento, è stata la mia fortezza, per molti anni inespugnata, era una macchina di quelle solide, che vanno avanti sempre: pioggia, nebbia, neve, gelo, sole cocente. Ci contavo su di lui, non mi ha mai tradito, ha sempre risposto. L’ho messo sotto pressione forse troppe volte, però, lui, da bravo operaio ha fatto il suo lavoro, con impegno e dedizione.”
È anche vero che, il corpo, impercettibilmente giorno dopo giorno ha cominciato a cedere, ma non te ne sei mai accorto e nemmeno ci hai pensato!
“Quanto ho sognato il giorno di andare in pensione, ci sarà il tempo finalmente per riposare e vivere.”
Il tempo del riposo è arrivato vestito a festa e ti ha portato un regalo, ti ha stupito, e i tuoi occhi brillavano come quelli di un bambino, alla vista di quella carta colorata sfavillante. Quel dono, però, una volta scartato, non lo avresti più voluto, ha fermato la corsa della tua vita, non davanti ad un mare tropicale, ma in un letto di ospedale. Interventi, terapie, e lui, quel corpo che non aveva mai perso un colpo, ora è lì, mal concio, che si consuma ogni giorno di più e ti fa sembrare il fantasma di ciò che eri. Non ci sono parole, incoraggiamenti, medicine, niente, non ce la fa più!
“Perché proprio a me? Cosa ho fatto di male? Ho lavorato tutta una vita e ora che potevo viverla, la vita, lui, mi tradisce così!”
Che ingrato, cosi non si fa!
“I miei occhi sono posati sempre su quell’orologio, non riesco a dormire e il silenzio mi fa compagnia e a dire il vero la sua presenza sta diventando ingombrante. Il respiro diventa sempre più faticoso, non mi sono mai sentito così stanco. Avrei ancora tante cose da fare, posti da vedere, persone da incontrare. Invece sono qui, in questo letto, dove ad ogni movimento, un dolore nuovo si fa presente.”
Insieme a te ora c’è tanto silenzio, si interrompe quando passa il personale, i volontari, i familiari stretti, che non sono sempre presenti, il lavoro e la vita non lo permettono.
“Che peso stare con sé stessi, non l’ho mai fatto, non ne sono capace e poi mi accorgo che sono persino noioso.”
Non ti piace quella situazione, qualche volta sbuffi, non ricordi più quali erano le qualità che hanno fatto di te la persona che sei e che tanti hanno apprezzato. Mentre il respiro diventa sempre più fiacco, vorresti sapere molto di più di te e te ne rammarichi di non averlo saputo fare, e ora che stai per morire, di tempo non ce n'è più.
Resta solo il silenzio, quel maledetto silenzio e tu non vuoi ascoltare quel che vuole dirti. Hai paura, tanta paura! Senti che lottare è estenuante, tentenni, non vuoi mollare, ma diventa uno sforzo insostenibile. Oggi, non sai perché, c’è una forza nuova dentro di te e hai scelto di seguirla, per la prima volta vuoi abbandonarti al silenzio, succeda quel che succeda, a questo punto, restarlo ad ascoltare e ciò che rimane da fare. Ti lasci andare, gli occhi si chiudono e resti in attesa, cominci a sentire qualcosa, una specie di vibrazione, un sussurro, che hai difficoltà a comprendere. Tuttavia, non fai resistenza e attendi che il messaggio diventi più chiaro. Senti che in quell’abbandono non si sta male, anzi, tutto sta diventando leggero. La vibrazione è diventata un suono soave. Comprendi che il silenzio parla, parla di te. Racconta la tua storia, narra le tue avventure, le difficoltà che hai superato, la grinta che ci hai messo nel vivere la tua vita. Racconta che il corpo non era forte, eri Tu quello forte, eri Tu il motore. Non ci capisci più niente, chi è quel Tu? Non importa, inizi a fidarti di quel silenzio e lo ascolti, sempre più attentamente, ti sta portando in profondità dove non hai mai osato andare e dove stai trovando ogni risposta. Ti senti meravigliosamente bene, non temi più nulla, in quel silenzio hai trovato la tua Essenza. I giorni dello smarrimento sono finiti e sorridi a te stesso, con amore, come non hai mai fatto. Ti sei ritrovato, nel silenzio, nel letto di un hospice. Ti senti pronto, ora puoi scegliere!
Dentro di te sta germogliando un sorriso che illumina ogni anfratto del tuo corpo consunto e sofferente, ora sai che Tu non sei quel corpo, lo puoi lasciare andare, sì, ti senti pronto. La farfalla può uscire dal bozzolo, le sue ali non vedono l’ora di dispiegarsi leggiadre e colorate, ti senti libero.
Finalmente puoi chiudere gli occhi e dormire era tanto che lo desideravi e ora lo puoi fare, in silenzio.