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Non tutto il parinamah vien per nuocere (PARTE I)

DANIELA CIRINO

Non tutto il parinamahvien per nuocere1 (PARTE I)


L’angusta visione neoliberista mira a generare, in maniera subdola e aggressiva, l’interiorizzazione delle regole di mercato quale metro inconsapevole cui ridurre le relazioni umane che, modellate sui rapporti economici, sempre più si basino sulla competizione, sul senso di separazione, di lontananza e di sopraffazione che contaminano il campo psichico individuale attuale.
Si tratta delle cosiddette passioni tristi2 dalle quali, nello scenario sociale contemporaneo, le persone sono pervase e minacciate, ne siano o meno consapevoli.
La cultura tecnocratica, sorretta da una simile visione, divulga un’idea insana e distruttiva di progresso, identificato con l’accumulo di beni e di ricchezze materiali, con il perseguimento di vantaggi personali a discapito altrui, con lo sfruttamento della natura, depredata senza rispetto, né pietà, da esseri in preda alla più violenta ignoranza del rispetto per la vita, nelle sue infinite manifestazioni.
Transitiamo, ora, altrove, verso una dimensione felice, lontana dallo scenario miserabile sin qui tratteggiato.
La scienza del sé, dell’interiorità umana, costituisce le fondamenta della Scuola di Counseling relazionale Bhaktivedantache, quotidianamente, viene edificata dall’impegno, dalla determinazione, dall’amore del suo fondatore, il Maestro Marco Ferrini, dei suoi docenti, degli innumerevoli corsisti, entusiasti e grati di farne parte. Accomunati, ciascuno in accordo alla sensibilità e ai talenti dei quali dispone, dal desiderio di compiere il viaggio alla conquista della consapevolezza di sé, del proprio luminoso centro interiore.
E’ il viaggio decisivo che, per quanto sia faticoso, è bellissimo e il più degno di essere intrapreso.
Si inizia a vivere davvero solo quando, in virtù di una felicissima, misericordiosa intuizione, si rammenti che il senso dell’esistenza va cercato dentro di sé, nella ricchezza divina del proprio cuore, che è comune alla ricchezza che ogni altro essere vivente, animale e vegetale, cela in sé.
Ogni essere vivente promana dal Divino ed è, in sé, completo, in quanto esprime l’eternità, la consapevolezza, la gioia, le qualità essenziali, immutabili, proprie della vita.
La vita non finisce, ci scorre dentro, e noi ne siamo per sempre parte.
Quando siamo particolarmente ispirati, ci accade di cogliere, di sentire, di respirare l’eternità.
Che non è un argomento che si possa comprendere razionalmente, né di cui si possa argomentare attraverso la logica, ma che si può intuire, riacquisendo facoltà psichiche superiori delle quali, nel tempo, l’essere umano ha ridotto e infine abbandonato l’utilizzo.
Sebbene completo, l’essere vivente si trova incarnato in un segmento di vita materiale, per compiere le esperienze necessarie a realizzare, nel corso delle rinascite e delle morti che gli occorrono, la propria essenza.
Immemore della sua reale, perfetta natura interiore, ne è alla ricerca.
Tale ricerca, dapprima totalmente inconsapevole e indistinta, affiora gradualmente alla superficie, disegnando delle forme, dei colori sempre più precisi, personali, originali.
Diventare consapevoli del senso della nostra esistenza può richiedere moltissimo tempo, innumerevoli morti e rinascite.
La vicinanza e l’amicizia di persone amorevoli, che condividano con noi il fine evolutivo e abbiano già intrapreso il viaggio, ne agevola la scoperta e l’orientamento.
La Scuola Bhaktivedantaci insegna l’importanza della relazione, non solo umana, ma rivolta a ogni essere vivente, ciascuno impegnato nel proprio viaggio individuale e collettivo.
Ce lo ricorda, nei momenti di amnesia.
Ce lo suggerisce, nei momenti di sconforto e nelle circostanze avverse. Quando, ciechi e sordi ai richiami spirituali, ci lasciamo assalire da collera, antipatie, risentimento, ossia energie psichiche che, per quanto temporanee, sono nocive per la relazione con se stessi e con gli altri.
Praticare l’osservazione di sé e delle istanze che si agitano dentro di noi è fondamentale per condurne il risanamento, prima che invadano uno spazio sufficiente perché la coscienza, che le percepisce, vi si identifichi.
La Scuola si fonda sugli insegnamenti dello Yoga, la più antica scienza psicologica che l’umanità abbia conosciuto, che esprime la regale visione dell’essere umano che, dirigendo lo sguardo verso la sua interiorità, impara ad attivare e a concentrare le sue energie e a trasformare la sua coscienza, che diventa stabile, al di là dei cambiamenti incessanti della materia, che ci avvolgono e spesso ci travolgono. Dunque, sebbene esseri spirituali, la nostra essenza è temporaneamente incapsulata in una struttura psichica, deposito delle nostre passate esperienze, e rivestita di un corpo fisico. Entrambi, come ogni struttura materiale, sono soggetti alla forza disgregante del tempo.
La bolla psichica è costituita di materia molto sottile, mentre il corpo fisico è un aggregato di materia grossolana.
Ogni struttura materiale, dunque, nel tempo si dissolve.
Tuttavia, la trasformazione materiale, prakriti parinamah, non va valutata con sguardo sfavorevole.
Non tutto il parinamahvien per nuocere!
La dissoluzione è, infatti, funzionale al progetto che sospinge gli esseri viventi verso l’evoluzione, verso il compimento di se stessi e la realizzazione della propria natura umana e divina.
La disgregazione è importante quanto la ricomposizione.
Per chi comprenda che il fine dell’esistenza è l’evoluzione, la morte è necessaria quanto la rinascita, affinché si possano realizzare i desideri di bellezza e di perfezione non ancora conquistati.
Per poterli vivere pienamente, occorre perseguire i valori in cui crediamo profondamente, agendo senza attaccamento emotivo, sorretti e sospinti dalla soddisfazione che l’azione porta con sé e dalla gratitudine nei confronti della vita, dono straordinario in tutte le esperienze che ci offre.
Di ogni esperienza, occorre fare tesoro con equanimità, apprezzandole quali opportunità per evolvere, per mettere alla prova la nostra coerenza, la nostra integrità.
Ogni situazione reca in sé prospettive originali che, a causa della nostra reattività, di abitudini, automatismi e rammarico, finiamo per occultare a noi stessi.
Nell’attuale scenario restrittivo delle libertà individuali e collettive, delineato dall’esigenza di contenere il contagio da Covid 19, colmo di implicazioni relative alla preoccupazione per le possibili derive repressive in agguato, la presenza della Scuola Bhaktivedantaè, tuttavia, possibile, oltre che rincuorante.

Resa possibile dall’amore, dalla cura, dal desiderio di agire per il bene comune, dall’esigenza di rinsaldare i legami spirituali, dalla volontà di arricchire il punto di vista di ciascuno con le idee e le valutazioni del gruppo, sorretti dalla fiducia nel perseguire l’unità contro la dispersione.

Per superare con originalità la crisi, utilizzandola come opportunità per ampliare il proprio sguardo, scongiurando il pericolo di confinarlo entro rigidi schemi, i seminari di marzo e di aprile si sono svolti in diretta webinar.

Ciascun seminario è stato strutturato, come sempre, nella componente teorica, necessaria per la riflessione su argomenti di grande interesse, sull’elaborazione di strumenti concettuali e lessicali fondamentali, e nella parte pratica, finalizzata alla rielaborazione di contenuti, alla condivisione di idee, all’apertura reciproca, a momenti reali di counseling, in cui i colloqui vengono condotti secondo i principi Bhaktivedantadella relazione di aiuto, finalizzata allo scioglimento di blocchi emotivi e all’affinamento dello sguardo interiore. I colloqui sono gestiti attraverso opportune tecniche, tra cui le domande aperte, contestuali, di ripresa rispetto alle risposte che ‘il cliente’ fornisce.

La soluzione proposta dalla Scuola dimostra quanto, data una circostanza sfavorevole, addirittura drammatica, sia possibile rinvenire e potenziare la nostra creatività, la nostra originalità, la nostra libertà, arricchendone l’azione di nuove trame.

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La brillante ed efficace espressione è del Maestro Marco Ferrini che, in un contesto di senso diverso, l’ha utilizzata nel corso di un webinarsul Vibhuti Padadi Patanjali

Baruch de Spinoza, nel corso del XVII secolo, definiva in tal modo il senso di impotenza e di incertezza che attraversa l’uomo, minacciato dalla crisi moderna di valori.